PROMETHEO
NEWS #22 - 17 Marzo 2001 |
"Prometheo
News" è il bollettino inviato periodicamente per tenervi
informati sulle iniziative della Prometheo e del nostro
portale, Italia.ms. Inoltre potete trovare notizie e consigli
per utilizzare al meglio il vostro PC.
Questo numero è stato inviato a 5.734 abbonati. Passaparola!
Aiutaci a crescere! Se trovi interessante questa newsletter,
invita i tuoi amici, conoscenti, colleghi, parenti vicini e
lontani, ad abbonarsi gratuitamente semplicemente inviando una
email a mailto:xnews@prometheo.it
con oggetto "Richiesta Newsletter". Grazie in
anticipo per il tuo sostegno!
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Le Novità
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Parallelamente alla tumultuosa e sempre più veloce evoluzione
dell'informatica, cambia continuamente anche il mondo delle
riviste specializzate del settore: nuove riviste nascono,
alcune cambiano nome per adeguarsi ai nuovi obiettivi, altre
crescono con nuovi contenuti. E diventano sempre più seguite
le webzine, le riviste presenti solo online. Sul sito
Prometheo da tempo c'era una pagina di link dedicata a questo
mondo. Per stare al passo con i tempi l'abbiamo completamente
rivista, ampliata ed aggiornata, grazie anche alla
collaborazione ricevuta dalle redazioni e dalle case editrici
delle riviste.
Ora sul sito abbiamo un'intera sezione dedicata alle riviste
di informatica suddivisa in ben 13 categorie e con la
descrizione di più di 60 riviste! La trovate qui:
http://www.prometheo.it/risorse/riviste/
Vi segnalo in particolare, per chi di voi lavora presso un
azienda, la possibilità di avere un abbonamento gratuito
annuale al settimanale Week.it edito da Mondadori,
semplicemente compilando un apposito questionario. Maggiori
informazioni a questo indirizzo:
http://register.mondadori.com/pcweek/Gratuito/
Mi trovo e, anche se non dovrei farlo, vi anticipo quali
saranno i prossimi principali aggiornamenti del sito:
restyling della home page (per renderla più agile e
immediata), rinnovo della sezione sui videogiochi e
ampliamento dell'Osservatorio Lavoro.
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Vi aggiorno sull'apertura dei nuovi Prometheo Education Center
(per gli amici PEC). Grazie alla collaborazione con la
Computer House abbiamo attivato la sede di Acerra (in
provincia di Napoli). Come al solito trovate tutti i dati sul
sito e per la precisione qui:
http://www.prometheo.it/sedi/acerra/
Inoltre a breve saranno attivi anche i centri di Nola e di
Salerno. Con questi ultimi due acquisti la Prometheo si
posiziona come leader della formazione informatica in Campania
arrivando a ben otto centri attivi!
E le altre regioni? Non vi preoccupate, in quest'ultimo
periodo abbiamo preferito focalizzare la nostra attenzione
sulla Campania per non disperdere le nostre forze (e i
risultati ottenuti ci danno ragione). Ma ora ricominceremo a
muoverci con maggiore intensità anche sulle altre regioni.
Rimanete sintonizzati. Nuove novità in arrivo!
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E per chi manca da un po' dal nostro sito (vergogna! :-)
segnalo anche la pubblicazione dell'articolo di Marco A.
Rovatti: "I dieci errori da non commettere nel Web
Design". Il link è:
http://www.prometheo.it/articoli/webdesign.html
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Siti Interessanti
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Cosa sono i "cheat"? In pratica tutti i videogiochi
prevedono dei codici segreti (di solito strane combinazioni e
sequenze di tasti) che permettono di abilitare funzioni
nascoste (nuovi personaggi, livelli segreti, nuove modalità
di gioco) o di attivare dei "trucchetti" come la
possibilità di essere immortali e quindi di passare indenni
attraverso i mille pericoli previsti dal gioco (naturalmente
in questo caso si perde il gusto reale del gioco ma può
essere utile, ad esempio, per andare a sbirciare i livelli
superiori).
I cheat sono inseriti dagli sviluppatori dei videogiochi sia
per essere usati come porte di accesso per i redattori delle
riviste o per i tester del gioco sia per rendere i giochi più
interessanti e più attraenti e per aumentare il periodo di
tempo in cui si parla del gioco.
Il Web è pieno di siti che riportano trucchi e codici sui
giochi ma non sempre è facile trovare proprio quelli del
nostro gioco. Per cui è molto utile il sito che vi segnalo
"Murby" che, oltre ad utili link sul mondo dei
videogiochi, mette a disposizione un vero e proprio motore di
ricerca: voi inserite il nome del gioco e vi viene presentata
una lista di siti che contengono cheat sul gioco stesso.
L'indirizzo è:
http://www.murby.it/ [link non più funzionante]
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FilmUP è un nuovo sito sul cinema, ricco di informazioni e di
foto. Sul sito potete trovare interviste, come quella a Nanni
Moretti sul film "La Stanza del Figlio":
http://www.filmup.com/speciale/nannimoretti/int01.htm
e la classifica dei film più visti della settimana (con
l'indicazione degli incassi al botteghino):
http://www.filmup.com/cinema_box.htm
Per ogni film potete non solo trovare la scheda informativa,
la locandina e la recensione, ma potete tra l'altro anche
vederne il trailer (in formato QuickTime o RealMedia),
scaricare (per alcuni film selezionati mese per mese) un
immagine da usare come sfondo del desktop con il calendario
del mese in corso in sovrimpressione, inserire la vostra
opinione sul film e leggere quella lasciata dagli altri
visitatori.
A proposito avete visto Vertical Limit? Io l'ho visto e mi è
piaciuto molto. Da restare senza fiato! Un film molto
spettacolare, pieno di effetti speciali ed anche se per molti
versi poco realistico permette di passare due ore piacevoli.
Eccone la scheda:
http://www.filmup.com/sc_verticallimit.htm
Per concludere su FilmUP potete trovare anche informazioni sui
VHS, i DVD e la programmazione della tv. L'indirizzo è,
naturalmente:
http://www.filmup.com/
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Con lo slogan "La finanza davvero per tutti", il
sito http://www.fondi.it/
è interessante in quanto oltre a fornire informazioni sui
fondi comuni e sul mercato azionario dispone di un
interessante sistema per permettere agli utenti di discutere e
scambiarsi informazioni sulle varie forme d'investimento.
Nella guida al forum, che trovate qui:
http://www.fondi.it/about.shtml
ecco come viene descritto il sistema:
"E' un ambiente di scambio di notizie e messaggi
completamente personalizzabile dall'utente nell'aspetto e nei
contenuti.
Il suo punto di forza consiste in un complesso sistema di
moderazione disegnato per distinguere, nel continuo flusso di
informazioni che attraversa la rete, le notizie utili e
interessanti da quelle inutili ed insensate, e per
responsabilizzare gli utenti che partecipano alle discussioni
nei riguardi della serietà delle proprie comunicazioni"
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Le Segnalazioni di Lucio Costa
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E' l'antivigilia natalizia del 19... e la modesta casa
napoletana, priva di riscaldamento, amplifica l'inclemenza
dell'inverno. Luca, non senza titubanza, ha da poco rinunciato
al tiepido tepore del letto per accingersi a terminare il
presepe. Concetta, la moglie, sta preparandosi a uscire per la
spesa; gli ha appena servito un caffè, che il suo spirito
economo ha reso imbevibile, e ha dimenticato di sciogliere la
"colla di pesce", mistura dall'odore nauseabondo ma
necessaria per far aderire i pastori allo scenario
accuratamente approntato. Concetta e' una brava donna e,
tuttavia, come Luca ama ripetere, si comporta sovente da
"nemica della casa". Ancora a letto giace Tommasino,
il figlio già cresciuto ma viziato e sfaccendato. Luca lo
esorta ad alzarsi, dapprima con lusinghe, poi con minacce.
Tommasino resiste e reclama la colazione, la "zuppa di
latte" che la mamma è solita servirgli a letto. Quasi
d'istinto, Luca Cupiello rimprovera Tommasino, ma l'intento è
di una piccola vendetta verbale su Concetta: "Che credi,
che tua madre è una serva? Tua madre... non serve!".
I lettori che avranno perdonato questa entree faceta avranno
pure compreso che il tema "serio" di questo numero
è il server. In particolare, vorrei richiamare l'attenzione
sul fatto che la demarcazione tra server e client stia
diventando, in certo senso, più sfumata e un grado di osmosi
comincia a confondere i ruoli o, perlomeno, a renderne meno
agevole la localizzazione. Si pensi, per esempio, a Napster,
il pomo della discordia che, per mesi, è stato croce e dei
delizia dei surfisti musicofili: grazie a esso il nostro PC
domestico, client per antonomasia, può ora comportarsi, in
certo qual modo, come un server. Viceversa, ribaltando la
prospettiva, osserveremo che una serie di opportunità
consente, oggi, di configurare la rete come una mera
estensione virtuale del nostro client. In un precedente numero
di questa newsletter, per esempio, sono stati segnalati
servizi di hard-disk virtuali on-line, pronti a ospitare i
nostri back-up. Oggi vorrei proporre almeno un paio di siti
che, dietro registrazione, permettono di usufruire di agende e
rubriche elettroniche personali ospitate on-line. Sono
modificabili tramite cellulare (esempio di ciò che viene
chiamata "convergenza" di servizi) e sincronizzabili
con il nostro PC:
http://www.agenda.it/
http://www.gsmbox.it/
Com'è ovvio, vi troverete integrazioni con gli SMS, e-mail e
quant'altro si conviene.
Il principe de Curtis avrebbe, forse, disapprovato: a lui
le... server piacevano! Noi, invece, osserviamo incuriositi e
fiduciosi.
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Winners Corner by Pietro Aterno
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Come tutti sapete l'arte del balletto ovvero il saper ballare
con la capacità di rendere eterea qualunque scena, come in un
sogno, richiede molto molto sacrificio.
Quella leggerezza nei movimenti nasconde tante e tante ore
passate a provare e riprovare quel gesto, quell'inchino, quel
passo di danza, quel salto...
Ma i ballerini sono sempre entusiasti oppure anche loro hanno
bisogno di essere motivati a sopportare quel sacrificio?
Inizialmente si vede solo sudore, ginnastica, prove
estenuanti: la loro trainer sicuramente dovrà essere capace
di trasmettere dei valori. Soprattutto la disciplina, poi il
rispetto delle persone, la preparazione, ascoltare i consigli
della ballerina anziana, umiltà nell'apprendere nuove
tecniche e tanto altro ancora.
Quante altre persone vivono con lo stesso sacrificio, avendo
solo il sogno di diventare un giorno Grandi Professionisti,
specialisti nella propria disciplina!
Ma i ballerini devono anche conoscere le lingue straniere,
avere contatti con gli impresari artistici, vendere la propria
professionalità, rischiare in prima persona, automotivarsi e
saper motivare il proprio gruppo, composto da persone
selezionate da loro stessi.
Come si vede tutto quello che è contenuto nei concetti di
Strategie di Comunicazione è valido in ogni settore, in ogni
ambiente, per ogni tipo di disciplina...
Alla prossima News verificheremo quanto sia importante avere
iniziativa e audacia nel "saltare oltre la siepe"!
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Angolo della Lettura
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In questo numero vi segnalo un libro che mi ha prestato Maria
Figlia (quelli di voi che mi seguono da più tempo la
ricorderanno avendola già citata in precedenza, è la mia
amica psicologa). Si tratta di "L'uomo elaboratore di
informazioni" con sottotitolo "introduzione
cognitivista alla psicologia". Autori Peter Lindsay e
Donald Norman (anche quest'ultimo è una nostra vecchia
conoscenza, avendo parlato un paio di numeri fa del suo
"il computer invisibile"). Un classico nel suo
genere e, anche se un po' datato essendo stato pubblicato nel
1977, è estremamente interessante e ci aiuta a capire meglio
il funzionamento del nostro cervello. Con una analisi
approfondita ma leggibile.
I primi capitoli sono un po' più tecnici, andando nei
dettagli sul funzionamento del sistema visivo, il
riconoscimento percettivo, il sistema uditivo, ecc. Io in un
primo momento li ho saltati (ma poi li ho letti, trovandoli
interessanti) leggendomi prima le parti che attiravano di più
la mia attenzione quali quelli sull'apprendimento, la
soluzione dei problemi, la rappresentazione della conoscenza,
i meccanismi del pensiero, le interazioni sociali, ecc.
Il brano che vi propongo sull'"influenza sociale" è
sorprendente e ci spinge ad essere più attenti nelle nostre
scelte quotidiane.
Impariamo a conoscerci meglio, avendo il coraggio di esaminare
anche i nostri punti deboli, in modo da essere in grado di
migliorare e di poter essere più padroni di noi stessi.
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Questo è tutto. Alla prossima!
Massimo Di Bello
Amministratore Unico
Prometheo Srl
mailto:mdibello@prometheo.it
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Appendice A: Brano tratto dal libro "L'uomo
elaboratore di informazioni" di Peter H. Lindsay e
Donald A. Norman. Editore: Giunti. Traduzione del brano di:
Giovanni Colpo. (nota: nel seguito "Nda" sta per
"Nota degli autori")
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I processi dell'influenza sociale
* Un venditore di macchine usate trova casualmente il libretto
di banca di un suo cliente. Si rifiuta di guardarlo temendo
che, se venisse a saperne troppo, non sarebbe in grado di
condurre un affare vantaggioso.
* La presidente di una grossa società sta trattando alcune
questioni delicate con i sindacati. La questione è difficile,
ed essa vuole essere sicura che la contrattazione sia
favorevole alla compagnia. Decide che ha la maggior
probabilità di successo se manda un agente della società di
basso grado a trattare al suo posto.
* Una giovane di 18 anni, operatrice telefonica, mentre lavora
da sola nel suo ufficio di New York, viene violentata e
picchiata. Riuscita momentaneamente a sottrarsi
all'assalitore, corre nuda e sanguinante per la strada,
invocando aiuto. Si forma una folla di circa 40 passanti che
assiste alla scena, mentre, in pieno giorno, il violentatore
cerca di trascinarsela dietro; nessuno interviene. [Tratto da
Latanè e Darley, 1970.]
Ci sono delle decisioni che vengono prese all'interno di un
contesto sociale. Il risultato finale dipenderà non soltanto
dalle azioni di un singolo individuo, ma anche dalle azioni
delle altre persone incluse nella situazione. Talvolta i
partecipanti sono degli estranei che offrono un pubblico che
esercitano una subdola pressione sociale sul comportamento di
chiunque sia coinvolto. Talvolta, i partecipanti cooperano,
almeno in parte, cosicché ognuno di loro può guadagnare se
giungono ad un accordo su una decisione che può consentire un
beneficio reciproco. Talvolta i partecipanti sono dei
protagonisti che cercano di ottenere il massimo guadagno
possibile a spese di qualcun altro. L'introduzione dei fattori
sociali nello studio della formulazione delle decisioni umane
ci sposta al di là del punto dove possono essere specificate
le strategie razionali e le decisioni sono prese da soli,
indipendentemente dalle pressioni esercitate dagli altri. Per
comprendere il comportamento decisionale in un contesto
sociale, dobbiamo studiare una serie di questioni, e cioè le
trattative, le minacce, i conflitti, la condiscendenza, i
modelli sociali e gli atteggiamenti.
Quando le persone operano all'interno di un contesto sociale,
le opinioni e le azioni degli altri rientrano nell'analisi di
costi e guadagni. In una famiglia, la decisione di acquistare
o meno un'auto nuova o l'apparecchio televisivo a colori, può
dipendere molto di più dalle reazioni che ci si aspetta da
colleghi o amici, piuttosto che dalle finanze effettive o dal
bisogno reale dell'oggetto.
Una parte delle difficoltà che caratterizzano la formulazione
delle decisioni nella vita reale è inerente alle incertezza e
ai conflitti che generalmente un individuo sperimenta. Sarà
opportuno chiamare i vigili del fuoco, quando nella stanza
entra del fumo? Naturalmente, almeno che il fumo non abbia
qualche semplice spiegazione naturale, e che i vigili non
siano già stati chiamati da molte altre persone. Gli
individui devono decidere loro stessi come comportarsi quando
succedono fatti inattesi. Ma si sa che la vita è complicata e
talvolta si ha a che fare con situazioni particolari nelle
quali l'azione può procurare degli imbarazzi o perfino dei
pericoli alle persone che la intraprendono, per cui, alla
semplice valutazione della situazione decisionale, devono
essere aggiunte alcune considerazioni sugli effetti collegati
ad ogni azione.
La nostra analisi sui processi di influenze sociali inizierà
prendendo in considerazione che cosa succede in situazioni
sperimentali ragionevolmente simili alla vita reale.
Prenderemo in esame le azioni di persone lasciate in stanze
piene di fumo, di persone messe davanti a qualche strano
giocatore di frisbee, oppure coinvolte come testimoni in
qualche crimine.
>> Il comportamento dello spettatore
La situazione nella quale si è trovata Kitty Genovese ferita
gravemente sotto lo sguardo di persone che le erano vicine e
rimasta priva di soccorso per un periodo di tempo superiore ai
trenta minuti (nessuno chiamò la polizia); l'assassino di
Andrew Mormile, pugnalato e lasciato sanguinante fino a
morirne in un sottopassaggio ferroviario, alla presenza di
undici passeggeri, nessun dei quali cercò di aiutarlo; la
violenza carnale all'operatrice che abbiamo descritto
nell'introduzione di questo capitolo, tutti questi sono esempi
di avvenimenti che hanno indotto Latanè e Darley (1970) ad
indagare come mai gli spettatori che assistono ad episodi del
genere non intervengono.
In questi casi abbiamo a che fare con situazioni che si
caratterizzano per certi elementi specifici: c'è una
incertezza nei confronti del comportamento adatto; altre
persone si trovano di fronte alla stessa situazione; le
opportunità di comunicazione sono limitate o non sono
esercitate. Talvolta il singolo individuo deve decidere se
c'è emergenza e quindi decidere una appropriata sequenza di
azioni. Latanè e Darley hanno condotto una serie di ingegnose
ricerche sul comportamento decisionale in queste situazioni.
Sia le tecniche usate sia i risultati ottenuti ci sembrano
interessanti.
Il lancio del frisbee
Luogo dell'esperimento era la Stazione Centrale di New York
City. Gli sperimentatori due donne, stavano una di fronte
all'altra su una panchina di sala d'attesa, gettando avanti e
indietro un frisbee appena comperato. Dopo pochi minuti di
gioco, il frisbee veniva accidentalmente lanciato verso uno
dei presenti (il quale, però, era d'accordo con uno degli
sperimentatori). Questa persona aveva la funzione di stabilire
un modello o un punto focale per le reazioni appropriate di
fronte ad un estraneo in queste circostanze. Poteva quindi
entusiasticamente unirsi al gioco oppure, dato un calcio
dispettoso al frisbee, esprimere la sua opinione sul fatto che
il gioco era infantile e pericoloso. In alcune delle
condizioni sperimentali, questa persona doveva lasciare il
campo dopo aver espresso ad alta voce le proprie convinzioni;
altre volte rimaneva, mentre le due donne verificavano le
reazioni delle altre persone, che erano realmente degli
spettatori casuali. La prova sperimentale consisteva nel
lanciare il frisbee a ciascuno dei testimoni seduto sulle
panchine: lo spettatore veniva considerato cooperativo se
rilanciava il frisbee almeno due volte.
Generalmente, gli spettatori interpretavano la situazione e si
comportavano in base al modello offerto dal personaggio che
era d'accordo con gli sperimentatori. Se questi non cooperava,
anche loro non cooperavano e, spesso, se ne andavano
borbottando commenti simili a quelli che avevano sentito. Se
invece cooperava, si verificava almeno un 90% di cooperazione
anche tra gli spettatori; alla fine il problema era quello di
riuscire a porre termine al gioco piuttosto che cercare di
stimolare la partecipazione. A questo punto del gioco, si
potevano avere differenti sviluppi in base al *comportamento
verbale* del collaboratore confuso nel pubblico e alla sua
*continua presenza*. Se il collaboratore lasciava
semplicemente cadere il frisbee dove era stato lanciato e non
diceva nulla, la sua mancanza di interesse non inibiva la
partecipazione degli altri. Se proclamava il suo disprezzo e
se ne andava, i presenti si univano al gioco dopo che egli se
ne era andato: la Stazione Centrale di New York era diventata
un campo di gioco.
La stanza piena di fumo
I soggetti venivano fatti sedere in una stanza e dovevano
compilare un "questionario di mercato", quando,
improvvisamente, attraverso un ventilatore, veniva immesso del
fumo nella stanza. Mentre essi lavoravano al questionario, il
fumo continuava ad entrare fino a quando, "nel giro di
quattro minuti, era penetrato nella stanza tanto fumo da
oscurare la vista, produrre un odore abbastanza acre, e da
ostacolare la normale respirazione [Latanè e Darley,
1970]".
La maniera alla quale i soggetti risposero alla situazione
dipendeva dal fatto se lavoravano da soli o con altri. Quando
i soggetti lavoravano da soli, il 75% rispondeva razionalmente
alla possibilità di un incendio: osservava il ventilatore che
fumava e usciva nell'atrio a riferire l'incidente. Ma quando
nella stessa stanza c'erano altre due persone, la maggior
parte dei soggetti non parlava affatto del fumo: cercava
soltanto di soffiarlo via e continuava a copiare il
questionario, fino a quando gli sperimentatori, mossi a
compassione, non ponevano termine all'esperimento.
La signora in pericolo
Ancora, alcuni soggetti venivano introdotti in una stanza a
compilare un "questionario di mercato". Mentre
lavoravano, potevano sentire la "delegata di
mercato" che si muoveva nel vicino ufficio. Dopo quattro
minuti che avevano cominciato a lavorare al questionario,
dall'ufficio si sentiva provenire un forte rumore, assieme ad
un urlo di donna e dei gemiti (incisi su un nastro magnetico):
"Oh, mio Dio, il mio piede... Non posso... muoverlo. Oh,
la mia caviglia... Non... non posso... non posso; ...
togliete... toglietemi questa cosa...". Quando i soggetti
lavoravano da soli, il 70% rispondevano alla situazione
accorrendo in aiuto, quando invece lavoravano in presenza di
altri due (di fatto, erano collaboratori dello sperimentatore,
che erano stati istruiti a non dare alcuna risposta alle
grida), soltanto il 7% accorreva in aiuto della donna.
Non c'è tempo per aiutare
Talvolta i fattori sociali possono influenzare il
comportamento in maniera strana, anche quando la persona
coinvolta è tutta sola, e anche quando l'azione va contro i
principi nei quali si afferma di credere. Darley e Batson
(1973) chiesero ad alcuni studenti del Seminario Teologico di
Princeton di partecipare ad uno studio sull'educazione
religiosa e sulla vocazione. Gli studenti ricevevano le
istruzioni in un edificio, dove venivano avvertiti che
dovevano andare nell'edificio vicino a tenere un breve
discorso. Alcuni avrebbero dovuto parlare delle possibilità
di impiego, mentre altri avrebbero dovuto parlare sulla
parabola biblica del Buon Samaritano. (Ricordiamo che nella
parabola del Buon Samaritano un sacerdote passa accanto ad una
persona che è stata assalita dai ladri senza curarsene,
mentre un umile samaritano, un eretico, si ferma a prestare
soccorso.)
Agli studenti veniva detto di pensare strada facendo al
discorso che dovevano tenere. Prima di partire per dirigersi
verso l'altro edificio, gli studenti venivano avvertiti che
avevano a disposizione quantità di tempo diverse, prima di
presentare il loro discorso.
A un gruppo di studenti (gruppo con un po' di tempo a
disposizione), veniva detto: "Bisognerà aspettare un po'
di tempo prima che siano pronti". All'altro gruppo di
studenti veniva detto invece "Oh, siete in ritardo! Vi
stanno già aspettando da qualche minuto, affrettatevi".
La parte sperimentale vera e propria veniva effettuata durante
il percorso. Mentre gli studenti passavano attraverso il
viale, incontravano una persona (un collaboratore degli
sperimentatori) accasciata su un ingresso, che tossiva e
gemeva e aveva evidente bisogno di aiuto. Il problema
sperimentale era duplice: la percezione che gli studenti
avevano del tempo a disposizione avrebbe influito sulla loro
buona volontà a fermarsi a dare aiuto? Il fatto di pensare
alla parabola del Buon Samaritano, nel momento in cui si
incontrava la persona in pericolo, avrebbe aumentato la
probabilità che venisse prestato soccorso?
La risposta è sì per la prima domanda, no per la seconda.
Due terzi degli studenti che pensavano di avere tempo a
disposizione si fermarono ad aiutare; di quelli che pensavano
di essere in ritardo, soltanto uno su dieci si fermò a
prestar soccorso. Il tentativo di mettere in risalto
l'importanza di aiutare il nostro prossimo, per quello che si
è visto, non ha funzionato. Il gruppo di persone che stava
andando a tenere un discorso sul Buon Samaritano non aveva una
maggior disposizione ad aiutare il soggetto rispetto
all'altro.
>> L'apatia dello spettatore
Questi studi dimostrano alcuni tra i fattori che influenzano
la nostra volontà di intervenire in situazioni sociali
incerte. Generalmente, la gente tende a seguire quei
comportamenti che risultano più facili, e, dove è possibile,
si adegua all'azione dei vicini. Ma questi comportamenti non
sono necessariamente antisociali, non necessariamente
dimostrano una mancanza di interesse per la situazione in cui
si trovano gli altri. Piuttosto, mostrano quanto sia complesso
il processo reale di formulazione delle decisioni.
Consideriamo la situazione nella quale si è trovata
l'operatrice telefonica di New York di cui abbiamo parlato
all'inizio di questa sezione. Sareste andati a prestarle
soccorso? Probabilmente no, poiché il problema di prendere
una decisione, mentre si è presenti ad un evento che si sta
svolgendo, non è affatto così semplice come farebbe supporre
la breve descrizione data. Supponete di esservi trovati quel
giorni nei pressi del luogo dove accadde l'episodio. La folla
o il rumore avrebbero potuto attirare la vostra attenzione;
andando a vedere che cosa succedeva, avreste visto una donna
nuda che gridava di aver bisogno di un aiuto, mentre un uomo
cercava di portarla verso un edificio. "Che cosa sta
succedendo?", avreste chiesto alla persona che vi era
vicino, la quale vi avrebbe risposto che non lo sapeva. Quanto
poteva essere grave una cosa simile? Nessun altro sembrava
voler far qualcosa. Poteva essere che qualcuno stesse girando
un film, trattarsi di una lite in famiglia, o che l'uomo
stesse cercando di aiutarla. Così, avreste scosso le spalle e
ve ne sareste andati, pensando tra voi che la città di New
York è senz'altro un posto ben strano.
La situazione sarebbe stata ben diversa se foste stati da soli
e aveste visto la donna e il suo inseguitore. In tal caso, non
avreste pensato che esistevano spiegazioni plausibili; molto
probabilmente sareste intervenuti e avreste fato qualche cosa.
La folla sembra agire come elemento di *diffusione della
responsabilità* che riduce la percezione della necessità di
intervenire da parte dei singoli individui. Questo non
significa che la folla induce sempre ad apatia o inazione,
poiché si possono riscontrare sempre anche le reazioni
opposte, come provano i tentativi di linciaggio. Inoltre, la
folla può spesso indurre dei comportamenti buoni, come quando
un gruppo di persone si unisce per porre rimedio alle
conseguenze di un disastro naturale. Il fatto è che la
formulazione di una decisione individuale è un compito
difficile e insolito, e la conformità sociale agisce di
solito semplificando il problema decisionale di un individuo.
Gli individui si scontrano costantemente con il dubbio sulla
correttezza della scelta; le reazioni di altre persone offrono
una valida fonte di informazioni che può ridurre l'incertezza
sul problema sulle interpretazioni possibili di una
situazione: "Devo fare la cosa giusta: vediamo quanti
altri sono d'accordo con me". Il fatto che la maggior
parte della folla è d'accordo semplicemente perché gli altri
*sembrano* (piuttosto che *sono*) d'accordo è irrilevante,
dal momento che nessuno sa che si tratta solo di apparenza. Le
reazioni degli altri indicano anche alcune contingenze che
sono collegate con le azioni possibili: in presenza di una
folla passiva, un azione individuale può non incontrare aiuto
da parte degli altri e, conseguentemente, chi ha preso
l'iniziativa può trovarsi esposto a rischi notevoli.
Ma che cosa possiamo dire per quanto riguarda gli studenti di
teologia di Princeton che nel loro tragitto non si sono
fermati ad aiutare la persona in difficoltà? In questa
situazione non c'era nessun pubblico, ma gli studenti si
trovavano di fronte ad un conflitto: avrebbero dovuto recarsi
da chi li stava aspettando nel vicino palazzo o avrebbero
dovuto fermarsi ad aiutare soltanto questa persona sconosciuta
in pericolo? Quando andavano di fretta, il 90% degli studenti
decideva di oltrepassare lo sconosciuto, in alcuni casi
addirittura scavalcando il corpo che intralciava la strada. In
realtà, la gente può prestar soccorso in circostanze di
emergenza molto più spesso di quanto potrebbe essere previsto
sulla base degli esperimenti che abbiamo appena presentato.
Con una serie di eventi molto più verosimili, dove la finta
situazione di emergenza era costituita da una caduta di un
passeggero in un affollato treno della metropolitana di New
York, i passeggeri erano molto più predisposti a dare aiuto.
Venne fatto un esperimento su un treno quando una fermata
successiva sarebbe stata da lì a 7 minuti. In questo caso, i
presenti aiutarono la vittima. In alcune di queste situazioni
sperimentali si registrò una assistenza pari, virtualmente,
al 100%. Infatti, gli psicologi che stavano conducendo questa
ricerca non furono in grado di controllare con esattezza le
loro ipotesi, per il fatto che i passeggeri andavano in aiuto
della vittima prima ancora che la situazione sperimentale
fosse pienamente stabilita. Questi risultati concordano con
quelli precedenti: la metropolitana offre un pubblico molto
disponibile che ha poche altre cose da fare. In queste
circostanze la possibilità che una persona presente presti
aiuto è dieci volte maggiore rispetto allo studente di
Princeton che ha fretta. (Questi studi sono stati condotti da
Piliavan, Rodin e Piliavan, 1969; e da Piliavan e Piliavan,
1972.)
>> Il conformismo
Nelle situazioni che abbiamo appena discusso, c'erano delle
incertezze che riguardavano l'appropriata interpretazione
della situazione e la relativa risposta. Vediamo ora una
situazione nella quale non c'è assolutamente alcuna
ambiguità sia per l'interpretazione che per la risposta
corretta, e dove tuttavia abbiamo delle pressioni sociali
verso un conformismo che spingono il comportamento in
direzione esattamente opposta ad ogni evidenza: che cosa
succede in questi casi?
Prendiamo in esame la seguente situazione: una persona (che
chiameremo Chris) si trova ad un laboratorio per partecipare
ad una semplice ricerca percettiva riguardante la capacità di
discriminare tra linee di lunghezza diversa. Quando arriva, ci
sono già altri 5 soggetti che stanno aspettando e, pertanto,
Chris si accomoda sulla sesta sedia, in prossimità della fine
del tavolo. Lo sperimentatore entra nella stanza indossando un
camice bianco, portando un blocco per gli appunti ed altri
materiali. Spiega di aver chiesto la collaborazione dei sei
soggetti presenti per condurre una ricerca su come vengono
giudicati gli stimoli visivi: è in particolare interessato a
conoscere la capacità di discriminazione tra linee di diversa
lunghezza. Dal momento che deve sottoporre alla prova un
campione molto vasto di soggetti, l'esperimento viene condotto
in gruppi di sei soggetti per volta allo scopo di procedere
più rapidamente.
Il compito è davvero molto semplice: in ogni prova vengono
presentate al soggetto la linea-test (indicata con la x) e tre
linee di confronto, indicate con le lettere a, b, e c. I
soggetti devono indicare quali tra le linee di confronto è
più simile in lunghezza alla linea-test (vedi figura 16-3).
Ogni soggetto deve rispondere a turno e, pertanto, Chris
risponderà per sesto, dal momento che quello è il suo posto.
Di volta in volta che i soggetti rispondono, lo sperimentatore
prende nota di ogni loro giudizio, a turno, e procede poi alla
prova successiva.
Man mano che l'esperimento, Chris trova che le discriminazioni
sono abbastanza semplici e che le sue risposte di solito
concordano abbastanza con le risposte degli altri. Ma, a un
certo punto, le cose cambiano. Viene presentata una scelta
abbastanza semplice, dove tutti di norma dovrebbero essere
d'accordo nella risposta. Chris ha stabilito che la risposta
giusta è la linea b, ma, mentre aspetta il suo turno per
rispondere, si accorge che tutti gli altri soggetti hanno
scelto la c come risposta. Come potrebbe comportarsi Chris?
Esaminiamo il conflitto in atto. Anche se le linee di
confronto sono molto simili l'una all'altra nella dimensione,
nella testa di Chris non c'è assolutamente alcun dubbio sul
fatto che la risposta corretta sia la b, ed egli ha preso
questa decisione non appena le linee sono state presentate.
Con sua sorpresa, ognuno dei cinque soggetti che lo precedono
ha scelto la linea c. Come è possibile? Tutti stanno
guardando la stessa diapositiva e, per di più, nelle prove
precedenti, Chris si era trovato d'accordo con gli altri
soggetti, tranne nei casi molto difficili, quando, in ogni
modo, c'erano più opinioni divergenti. Ora, invece, tutti gli
altri sono in disaccordo con lui: che cosa è accaduto?
La risposta, naturalmente, è che l'esperimento è truccato.
Gli altri cinque soggetti sono dei collaboratori dello
sperimentatore e sono stati precedentemente avvertiti di come
dovevano rispondere. Lo sperimentatore non è affatto
interessato ai problemi della percezione, ma, piuttosto, sta
studiando quanto i soggetti si conformino all'opinione della
maggioranza anche quando devono andar contro l'evidenza dei
loro stessi sensi. E' abbastanza curioso notare che,
all'inizio della ricerca in questo campo, si voleva dimostrare
che non ci si conforma ad opinioni o giudizi diversi quando si
ha l'assoluta certezza del contrario: i risultati ottenuti
dimostrarono esattamente l'opposto.
Circa i 3/4 dei soggetti, che si trovano in situazioni analoga
a quella di Chris, almeno in alcune prove, si conformeranno
all'opinione degli altri e sceglieranno la risposta sbagliata,
mentre 1/3 circa si conformerà in tutte le prove. La tendenza
alla conformità aumenta con il numero di soggetti
collaboratori. Questo effetto può essere controbilanciato se
uno dei collaboratori non concorda con l'opinione della
maggioranza e dichiara la risposta effettivamente corretta.
Interviene dunque un atteggiamento conformista, ma ad un
notevole prezzo emotivo. Quando i soggetti rispondono in
contraddizione con i propri giudizi percettivi, essi devono
affrontare notevoli conflitti psicologici: riferiscono di
sentirsi ansiosi, di sentirsi "lontani" dagli altri
soggetti e spesso mostrano i segni fisiologici
dell'innalzamento dello stato emotivo, come sudore, tremore o
aumento della pressione sanguigna e accelerazione cardiaca.
Ogni grossa discrepanza tra le convinzioni personali e le
azioni degli altri costituisce una situazione molto difficile.
Individui diversi possono inventare spiegazioni diverse per
queste discrepanze, ma il risultato si fonda di solito
pesantemente sulle azioni o non-azioni degli altri. Forse,
però, l'osservazione più importante non è tanto che si
tenda alla conformità, ma piuttosto che la conformità possa
essere una cosa traumatica e difficoltosa da realizzare: la
conformità a forti pressioni sociali può avere un enorme
costo psicologico. Vedremo più da vicino queste reazioni
nella successiva serie di studi.
>> La condiscendenza
Strettamente collegato ai meccanismi del conformismo troviamo
l'uso dell'autorità come mezzo per indurre un'altra persona a
fare quello che si vuole. Talvolta l'autorità assume degli
atteggiamenti implicitamente minacciosi nei confronti di chi
non volesse essere compiacente; altre volte è percepita come
benevola, in modo che le richieste assumono un valore positivo
che può controbilanciare qualsiasi costo della risposta;
altre volte ancora, in forma implicita o esplicita, sorvola i
processi decisionali: il compito viene svolto perché i
partecipanti non devono formulare un qualsiasi giudizio, ma
sono semplicemente portati a fare quanto è loro richiesto.
Le ricerche che seguono ci offrono una buona introduzione ad
alcuni dei fattori che intervengono nella condiscendenza verso
l'autorità. Ci soffermeremo a descrivere i particolari della
situazione per darvi la possibilità di immedesimarvi nel
ruolo dei soggetti: provate ad immaginare la situazione e
cercate di prevedere in che modo vi comportereste. [Nda: La
descrizione di questa ricerca e le citazioni sono state tratte
da Milgram (1963)]
Immaginate di aver risposto alla richiesta di prestarvi come
soggetti di una ricerca psicologica sull'apprendimento presso
l'Università di Yale. Entrate negli imponenti palazzi dove
sono situati i laboratori e vi dirigete verso la stanza
dell'esperimento, dove vi incontrate con uno scienziato in
camice bianco. E' già arrivato un altro soggetto. Lo
scienziato vi spiega che sta studiando la relazione tra
punizione e apprendimento e, in particolare, sta indagando
sull'efficacia della punizione per l'apprendimento e se l'età
e il sesso degli insegnanti e degli studenti influiscono sui
ritmi di apprendimento.
Dopo aver discusso a lungo per decidere chi deve essere
l'"insegnante" e chi l'"alunno" (ne è
venuto fuori che voi dovete assumere il ruolo di
*insegnante*), venite entrambi condotti nella stanza vicina.
L'alunno viene legato con una cinghia ad un particolare
apparato ("allo scopo di prevenire dei movimenti
eccessivi") e al suo polso viene fissato un elettrodo con
una gelatina speciale ("allo scopo di evitare vesciche e
bruciature"). Mentre voi siete presenti, lo
sperimentatore rassicura l'alunno che, anche se le scariche
elettriche che riceverà potranno essere estremamente
dolorose, non provocheranno alcun danno permanente ai tessuti.
Voi invece siete ricondotti nella stanza sperimentale e vi
viene spiegato qual è la vostra parte in questa ricerca.
Vostro compito è quello di insegnare all'alunno una lista di
parole: dovete leggere una lista completa di coppie di parole,
poi tornare all'inizio e rileggere le parole una allo volta.
Leggerete la prima parola di ciascuna coppia, e poi quattro
parole-test. L'alunno premerà un bottone per indicare quale
delle quattro parole-test faceva parte della coppia
originaria. Dovrete dargli una scarica elettrica ogni volta
che l'alunno farà un errore: per ogni successivo errore, la
scarica elettrica verrà aumentata di livello. L'apparato per
la somministrazione delle scariche ha una serie di commutatori
per selezionare livelli di scossa diversi e le diverse
intensità variano da 15 volt fino a 450 volt, con una
progressione di 15 volt ad ogni aumento di intensità della
scossa. Le intensità più basse sono indicate come *scosse
deboli* e le intensità più alte con *pericolo: scossa
violenta*, e poi *XXX*.
Dopo alcune prove per impratichirsi della procedura,
l'esperimento inizia. Mentre procedete nella lista di parole,
l'alunno ottiene una risposta corretta ogni quattro. Per ogni
errore voi aumentate il livello di scarica secondo il disegno
sperimentale. Dopo numerose ripetizioni della lista,
l'intensità della scarica elettrica ha raggiunto i 300 volt.
A questo punto, il soggetto inizia a battere con forza contro
il muro. Lo sperimentatore vi dice di attendere 5 o 10 secondi
per ricevere la risposta, poi di considerare la mancanza di
risposta come se fosse un errore e continuare con il consueto
procedimento. Dopo le successive parole-test, l'altro sta
ancora battendo sul muro ma dal momento che non c'è risposta
voi somministrate la scossa di 315 volt. Quando tornate dallo
sperimentatore per avvertirlo, questo appare completamente
passivo e vi chiede semplicemente: "Per cortesia,
continuate". Se voi mostrate una riluttanza che permane,
vi può informare che "L'esperimento ha bisogno di essere
continuato da voi", oppure "non avete nessuna altra
scelta, dovete continuare". Per quanto tempo ancora
avrete voglia di andare avanti?
Abbiamo spiegato la situazione con ricchezza di particolari
per consentirvi di immaginare come potreste aspettarvi di
comportarvi in queste circostanze. Quando ai maggiori
psicologi di Yale venne proposto lo stesso tipo di descrizione
e fu chiesto il loto parere, ci fu una sostanziale unanimità
nell'affermare che in questa situazione i soggetti avrebbero
rifiutato di continuare l'esperimento: in media, si
aspettavano che la maggior parte della gente avrebbe
somministrato delle scosse molto al di sotto di 240 volt,
indipendentemente dalle sollecitazioni dello sperimentatore;
prevedevano inoltre che soltanto una insignificante minoranza
dei soggetti (1-3%) avrebbe voluto continuare fino al più
elevato livello di scarica elettrica (450 volt). Un indagine
informale tra psichiatri e colleghi dello sperimentatore
ottenne predizione dello stesso genere.
Nell'esperimento reale tutti i soggetti somministrarono
scariche elettriche di 300 volt o di livello maggiore.
Ventisei soggetti su 40, il 65%, volevano somministrare il
livello massimo di 450 volt. Questi risultati furono del tutto
sorprendenti e sollevarono notevoli controversie sia sulle
loro implicazioni di carattere sociale sia sull'etica della
sperimentazione psicologica.
In verità l'esperimento era una simulazione: non c'era
nessuna scarica elettrica e l'uomo che pretendeva di fare
l'alunno era effettivamente uno degli sperimentatori, che
recitava la parte dell'alunno e che emetteva le sue risposte
ai falsi shock in base ad un copione ben congegnato. Il
soggetto reale dell'esperimento era la persona nel ruolo di
insegnante, e il problema che realmente veniva studiato
riguardava quanto le sollecitazioni, relativamente basse,
dello psicologo sarebbero state in grado di far perseverare il
soggetto nella somministrazione delle scariche.
I risultati sono ancora più sorprendenti alla luce del fatto
che la decisione di ciascun soggetto di proseguire nella
somministrazione delle scariche era una decisione ovviamente
difficile e dolorosa. Si è osservato che i soggetti
"sudavano, tremavano, balbettavano, si morsicavano le
labbra, gemevano e si conficcavano le unghie nella carne.
Queste erano risposte normali e comuni, non eccezionali
nell'esperimento". Per i soggetti che si rifiutarono di
continuare, una spiegazione tipica indica le dimensioni del
loro conflitto:
<Si sta agitando di là. Mi stanno saltando i nervi. Mi
piacerebbe continuare, ma non posso fare questo a un uomo...
Mi dispiace, non posso farlo ad un uomo. Potrei fargli male al
cuore. Rinuncio alla ricompensa per l'esperimento..., No,
davvero, non posso farlo.>
I soggetti sembravano coinvolti in un notevole conflitto
emotivo con se stessi quando combattevano con l'ansia
implicita nella compiacenza all'autorità. Un osservatore che
assisteva all'esperimento attraverso uno specchio
unidirezionale ha così commentato:
<Ho osservato un uomo d'affari maturo e inizialmente
equilibrato entrare nel laboratorio sorridendo e sicuro. Nel
giro di venti minuti era ridotto a uno straccio, tirato e
balbettante, come se stesse per raggiungere da un momento
all'altro il punto di un collasso nervoso. Si tirava
continuamente il lobo dell'orecchio e contorceva le mani. Ad
un certo punto si è battuto il pugno sulla fronte e ha
mormorato: "Oh Dio, fa che finisca". Eppure ha
continuato a rispondere ad ogni parola dello sperimentatore e
ha obbedito fino alla fine [Milgram, (1963)]>
Questi conflitti emotivi non sono limitati a situazioni così
drammatiche come quella dell'esperimento con la scarica
elettrica; anche nell'esperimento apparentemente innocuo del
confronto tra linee di cui abbiamo parlato prima, i soggetti
erano sottoposti a traumi considerevoli quando si scontravano
con il problema che i giudizi degli altri non erano conformi
con le loro stesse percezioni.
Che cosa dimostra esattamente questo esperimento? Questo
lavoro e gli studi che lo hanno seguito sono stati ampiamente
citati come prova di una tendenza umana generale a sottostare
all'autorità. Tuttavia, si deve essere molto cauti nel
formulare conclusioni così drastiche. Evidentemente, le
persone cercano di valutare l'intera configurazione di eventi
quando hanno a che fare con la formulazione di decisioni
relative al corso di azioni più adatto. In questo particolare
esperimento, dietro la calma e suadente voce dello
sperimentatore stava l'ineccepibile reputazione della scienza,
e così i soggetti potevano equilibrare la loro personale
angoscia mentale (e l'apparente angoscia dell'alunno) con la
possibile utilità dei risultati sperimentali. Si sarebbero
rifiutati di andar oltre nell'esperimento soltanto quando la
loro angoscia personale avrebbe superato il valore che
attribuivano alla ricerca.
[Nda: In questo esperimento, come in tutti gli altri dove in
qualche modo i soggetti vengono ingannati, la seduta
sperimentale è seguita da un *incontro chiarificatore*. Qui i
soggetti ricevono spiegazioni sull'esatta natura
dell'esperimento, vengono informati sulle variabili che sono
state studiate e vengono e vengono presentati alla
"vittima" che, è di fatto, uno degli
sperimentatori. Inoltre, in questo particolare esperimento i
soggetti ricevevano, in una data successiva, una descrizione
completa dello stesso e venivano sottoposti ad una visita di
controllo per vedere se c'erano stati effetti a lungo termine
(per una relazione completa, si veda Milgram 1964).
E' una sfortuna che i soggetti debbano talvolta essere
ingannati nelle fasi iniziali di esperimenti di questo genere,
ma, al momento, nessuno ha scoperto altre maniere per
raccogliere le informazioni scientifiche necessarie per
formulare teorie sul comportamento umano. Ma l'etica
professionale richiede almeno che, dopo questi esperimenti,
tutti i soggetti vengano sempre informati in modo corretto.
Spesso i soggetti provano la sensazione che l'esperimento sia
stato un esperienza utile per loro e ritengono di avere
imparato qualche cosa di nuovo sul loro conto.
Nella maggior parte degli esperimenti psicologici non c'è
assolutamente alcun inganno, ovvero lo sperimentatore sta
veramente indagando quello che afferma di indagare. Talvolta,
quando lo sperimentatore cerca di studiare qualcosa di innocuo
(come può essere l'udito), si trova magari frustrato perché
il soggetto si aspetta il trucco mentre, effettivamente, non
c'è nessun inganno. E' probabile che a qualcuno, fra coloro
che leggono questo libro, verrà chiesto di prestarsi come
soggetto in qualche esperimento psicologico. Se anche per voi
sarà così, ad esperimento concluso avete diritto di
richiedere una completa spiegazione dell'esperimento e una
copia dei risultati finali (anche se questi potrebbero essere
disponibili solo dopo un anno). La maggior parte degli
esperimenti costituisce un esperienza interessante e il
parteciparvi può portare a imparare parecchie cose sul
proprio conto.]
Effettivamente, è possibile affermare che i soggetti erano
assolutamente nel giusto quando valutavano la situazione e
continuavano a somministrare la scarica, anche ai livelli
maggiori. Dopo tutto, lo sperimentatore chiedeva loro di
continuare, affermando così in maniera implicita che non ci
sarebbe stato un danno permanente. E in effetti, sia i
soggetti che lo sperimentatore erano nel giusto: dopo tutto
questo era realmente un esperimento dove nessuno riceveva una
scossa.
Questi risultati non possono avere nulla a che vedere con una
qualsiasi naturale o durevole disposizione all'obbedienza, ma
rappresentano un immagine piuttosto scoraggiante del modo con
il quale le persone valutano e rispondono a insiemi
particolari di circostanze. Quello che è maggiormente
sorprendente non è che la gente sia disposta ad obbedire, ma
piuttosto i giudizi sui valori relativi della situazione, il
livello apparentemente alto di valore positivo o di prestigio
attribuiti alle istituzioni scientifiche, rispetto al costo
personale della sofferenza inflitta a qualcuno. I critici di
questo esperimento hanno messo in risalto che gli stessi
sperimentatori hanno manifestato un modello comportamentale
del tutto simile a quello dei loro soggetti: il fatto che
volessero condurre un tale esperimento e imponessero ai loro
soggetti tensioni e disagi, così grandi rappresentava una
uguale stime del valore della scienza rispetto al disagio dei
soggetti.
Anche se ci sono state critiche a questo tipo di esperimenti,
bisogna dire che i soggetti che vi furono sottoposti non
condivisero questo punto di vista. Dopo tali ricerche, ogni
soggetto veniva accuratamente informato e venivano
completamente chiariti intenti ed implicazioni della ricerca.
Nella maggior parte dei casi, i soggetti hanno ritenuto che
l'esperimento fosse stato utile e che il fatto di avervi
partecipato personalmente era stato per loro istruttivo.
Sembrava che credessero di aver appreso una importante lezione
sulla necessità di agire secondo i propri principi e di non
seguire così pedissequamente l'autorità (vedi Milgram,
1964).
Ciò nonostante questi esperimenti pongono delle questioni
importanti per tutti noi, sia come individui che come membri
della società. Milgram ha così riassunto questi problemi:
Con impressionante regolarità si vedevano delle persone
rispettabili piegarsi alle richieste delle autorità a
compiere azioni che erano violente e dolorose. Uomini che
nella vita di tutti i giorni sono responsabili e onesti, erano
sedotti dalle apparenze dell'autorità, dal controllo delle
loro percezioni, e da una accettazione acritica della
definizione della situazione data dallo sperimentatore, fino
al punto da compiere degli atti di violenza.
Qual è il limite di una simile obbedienza? A diversi livelli,
abbiamo cercato di stabilire dei confini. Sono state inserite
delle grida da parte della vittima: non era sufficiente; la
vittima gridava di avere dei disturbi cardiaci ma i soggetti
continuavano lo stesso a trasmettere le scariche su comando
dello sperimentatore. La vittima implorava di essere lasciata
libera e che le sue risposte non venissero prese in
considerazione più a lungo; nonostante tutto i soggetti
continuavano a trasmettere la scarica elettrica. All'inizio
non pensavamo che fossero necessarie delle procedure così
drastiche per generare la disobbedienza, ed ogni singolo
livello venne aggiunto soltanto quando era diventata evidente
l'inefficacia delle prime tecniche...
I risultati, visti e prodotti in laboratorio, preoccupano
l'autore. Essi fanno ammettere la possibilità che la natura
umana, o, con più esattezza, quel tipo di carattere prodotto
dalla democrazia americana, non sia in grado di risparmiare ai
suoi cittadini trattamenti brutali e inumani che potrebbero
essere ordinati da un autorità malevola. La maggior parte
della gente fa quello che le viene detto di fare, senza
considerare il contenuto delle azioni e senza limiti di
coscienza, fin tanto che ritiene che l'ordine discenda da una
legittima autorità. Se in questi studi un anonimo
sperimentatore è stato in grado, con successo, di comandare a
degli adulti di prevaricare su un uomo di cinquant'anni e di
fargli violenza con le scosse elettriche dolorose nonostante
le sue proteste, uno può soltanto chiedersi cosa il governo,
con la sua autorità e prestigio di gran lunga maggiori, possa
comandare ai suoi soggetti. [Milgram, 1965]
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