"Prometheo News" è il bollettino inviato periodicamente per tenervi informati sulle iniziative della Prometheo e del nostro portale, Italia.ms. Inoltre potete trovare notizie e consigli utili.
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Le Novità
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Anche questo numero esce paurosamente in ritardo! E' stato un periodo di notevole fermento, per cui passo subito a darvi le non poche
novità :-)
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Comincio con il segnalarvi l'utile pagina di link sui Mondiali di Calcio 2002 che abbiamo realizzato sul nostro portale Italia.ms, da dove potete facilmente trovare tutte le informazioni sulle partite in corso!
Stiamo aggiornando questa guida man mano che troviamo nuove risorse. La trovate qui:
http://www.italia.ms/link/attualita/2002/mondiali.html
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Dall'ultimo numero della newsletter hanno fatto il loro esordio le nuove sedi Prometheo di Roma Centro, Bari, Portici (Na), Boscoreale, Pavia e Latiano (Brindisi). Informazioni su queste sedi e sui corsi messi a calendario, le trovate qui
http://www.prometheo.it/sedi/roma
http://www.prometheo.it/sedi/bari
http://www.prometheo.it/sedi/portici
http://www.prometheo.it/sedi/boscoreale
http://www.prometheo.it/sedi/pavia
http://www.prometheo.it/sedi/latiano
Mentre sono di prossima partenza ben sei nuove sedi: Sassari, Roma - San Giovanni, Nocera Inferiore (Sa), Piano di Sorrento (Na), Caserta, Siracusa.
Se volete anche voi attivare un centro Prometheo nella vostra
città, potete trovare informazioni sulla procedura da seguire qui:
http://www.prometheo.it/franchising/
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Non solo nuove sedi, ma novità anche sul fronte dei corsi a listino! Oltre ai corsi di fotografia digitale, di cui avevamo
già parlato e che trovate raccolti qui:
http://www.prometheo.it/corsi/fotografo/
abbiamo messo a listino nuovi corsi avanzati, come ad esempio:
Web Marketing: http://www.prometheo.it/corsi/web_marketing/
Html Avanzato: http://www.prometheo.it/corsi/html_avanzato/
Linguaggio XML: http://www.prometheo.it/corsi/xml/
Linguaggio UML: http://www.prometheo.it/corsi/uml/
Ed abbiamo rimodulato il corso di WebMaster Base per aggiornarlo alle nuove esigenze del mercato. Le info sul corso le trovate qui:
http://www.prometheo.it/corsi/webmaster/
Mentre debutta il nuovo corso di Programmatore Applicazioni Gestionali, il cui prospetto
è qui:
http://www.prometheo.it/corsi/programmatore/
Il listino generale, lo trovate a partire da qui:
http://www.prometheo.it/corsi/
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Una interessante opportunità per le aziende ed i professionisti
è la legge Tremonti Bis, contemplata nell'ultima finanziaria, che permette la detassazione dal reddito del 50% dell'intero importo dei corsi di formazione svolti
nonché del costo del personale impegnato nella formazione. Per cui si ha la
possibilità di poter incrementare la capacità dell'impresa di stare al passo con i tempi e di essere competitiva, con un costo in larga parte finanziato dalla stato! Maggiori informazioni le trovate qui:
http://www.prometheo.it/tremonti/
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Siti Interessanti
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Come sapere se un sito è molto frequentato? Sì, se il sito è
vostro, potete analizzare i file di "log" del vostro server che registra tutti gli accessi alle vostre pagine oppure potete utilizzare uno dei tanti servizi online. Ma se volete confrontare la vostra
popolarità con quella dei vostri concorrenti?
E come capire se il sito su cui vi trovate è uno dei tanti o è
un sito che trova l'apprezzamento degli altri utenti?
Ciò è possibile installando la Alexa Toolbar, una barra di comandi che si va ad aggiungere a quelle
già presente in Explorer, simile alla Google Toolbar di cui abbiamo
già parlato in passato. Per installarla, in pochi attimi, basta andare qui:
http://download.alexa.com/
Ogni volta che andrete su un sito, Alexa vi mostrerà il suo posto nella classifica di
popolarità (più basso è, più il sito è frequentato). Ovviamente il valore
è solo indicativo, in quanto calcolato in base alle visite effettuate dagli altri utenti di Alexa. Ma anche se ci possono essere delle distorsioni,
è comunque un dato significativo.
Altra funzionalità utile di Alexa è la lista dei siti "correlati" a quello su cui ci si trova, ovvero i siti
più visitati dagli altri visitatori dello stesso sito. In questo modo potete scoprire altri siti interessanti senza dover effettuare estenuanti ricerche. Inoltre
è possibile vedere con un solo e semplice clic a chi è intestato il dominio (in pratica un Whois a portata di mano). Sempre con un clic
è possibile anche andare a spulciare nella "storia" del sito, grazie agli archivi di
http://web.archive.org/
Insomma un tool da non perdere!
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Non Profit & Web
di Michela Mancini http://www.piazzavirtuale.org
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Salve a tutti amici Prometheo e ben trovati per la seconda uscita della rubrica No Profit & Web.
Vi ringrazio innanzitutto per la solidarietà dimostrata e per tutte le mail di complimenti ricevuti per l'inizio di questa nuova rubrica. Sono contenta vi sia piaciuta e spero continuiate a scrivermi all'indirizzo:
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per suggerimenti, consigli e perché no anche solo per conoscerci!
Passiamo subito all'argomento di questo mese:
Come è cambiata la nostra vita da quel famoso 11 Settembre 2001? Come ci confrontiamo con gli altri? E come
è cambiato il nostro modo di vedere il mondo, le cose che ci circondano?
In particolare, come la situazione mondiale ha influito anche nelle nostre espressioni artistiche quali il dipingere e lo scrivere?
Ce lo dimostra Luciano Scateni, stimato artista napoletano e noto giornalista del TG3 che ha recentemente pubblicato (ed
è già alla seconda ristampa) un Libro dal titolo:
AMORE E/O MORTE
Una serie di racconti di vita, storie di persone diverse in luoghi diversi, accomunati da uno stesso denominatore: l'amore, la morte, l'amore e la morte, in pratica amore e/o morte.
Oltre alla particolarità dei racconti, è da notare una caratteristica di questo libro diviso in 2 sezioni distinte: le storie scritte prima dell'11 settembre e quelle scritte dopo quella data, separati non solo nettamente da una sezione di vignette offerte da Marassi, un importante vignettista sensibile alle tematiche sociali, ma separati nel modo di scrivere dell'autore.
Consiglio a tutti voi di acquistare questo libro non solo perché
è degno di nota, considerate le capacità letterarie dell'autore che ha pubblicato nella sua carriera una serie di libri di un certo spessore artistico, ma soprattutto
perché l'enorme sensibilità di Luciano Scateni alle tematiche sociali lo ha portato a devolvere l'intero ricavato del libro all'associazione Emergency che da anni lotta per portare conforto ed aiuto concreto in quei paesi martorizzati dalla guerra, dimenticati da Dio e dagli uomini, capitanata dall'instancabile Dott. Gino Strada per il quale attualmente si porta avanti una campagna per la candidatura al Premio Nobel.
Mi raccomando quindi approfittate di questa occasione per fare 2 buone azioni, una a voi stessi e una ad Emergency acquistate e regalate questo libro.
I riferimenti web per avere ulteriori informazioni su Luciano Scateni ed Emergency sono:
http://westwood.fortunecity.com/gabbana/574/
http://www.emergency.it/
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Recensioni
di Tony Arcucci http://www.aps-net.it
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Titolo: XML per il World Wide Web
Autore: Elizabeth Castro
Editore: Addison-Wesley
Prezzo: euro 24,78
ISBN: 88-7192-104-6
Uno dei pochi libri di informatica scritti da una donna. Tratta l'uso di XML applicato al mondo del web, pertanto non
è il solito libro su XML orientato solo ai dati. La nuova impostazione grafica a quattro colonne, suddivise equamente in trattazione ed esempi, risulta particolarmente gradita e auspico che venga imitata anche da altri editori. Conta meno di 300 pagine ed
è utilissimo portarlo sempre con sè perché tratta veramente tutti gli argomenti utili ad uno sviluppatore web. Naturalmente non viene trattato solo XML, ma anche XSL, CSS e XPath.
Unica nota dolente, il fatto che non ci sia nemmeno un esempio di codice javascript, vbscript o quant'altro.
Le argomentazioni sono un po' impegnative, non è per principianti, ma
è il libro che apre la mente a chi si ostina ad utilizzare ancora il solo HTML per la realizzazione dei siti.
Sommario:
Scrittura dell'XML. Creazione di un DTD. Definizione di elementi e attributi in un DTD.
Entità e notazioni nei DTD. XML Schema. Definizione di tipi semplici. Definizione di tipi complessi. Utilizzo di namespace nell'XML. Namespace, schemi e convalida. XSLT. XPath: pattern ed espressioni. Espressioni di controllo e funzioni. Impostazione dei fogli di stile CSS. Definizione del layout con i CSS. Formattazione del testo con i CSS. Collegamenti ed immagini. XHTML. Strumenti per l'XML.
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Angolo della Lettura
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George Soros, noto guru della finanza, dopo aver accumulato una fortuna stimata sui 6,9 miliardi di dollari grazie alle sue speculazioni in borsa, si
è dedicato alla filantropia costruendo una rete di fondazioni nel mondo, che sostengono la democrazia e la crescita economica nei paesi in via di sviluppo.
Nello stimolante libro "la società aperta" ci mostra la sua visione del mondo, sui pericoli che corriamo e sulle sue proposte per affrontare i problemi della
società di oggi. Inoltre, grazie agli esempi tratti dalla sua esperienza, si ha modo di comprendere meglio il funzionamento dei mercati finanziari, dei giochi in borsa, dei cicli boom/crollo, ed in particolare le cause dell'esplosione della bolla di Internet. In appendice vi riporto un brano tratto dall'introduzione.
Informazioni sulle fondazioni di Soros e sulle loro attività, le trovate qui:
http://www.soros.org/
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Questo è tutto. Alla prossima!
Massimo Di Bello
Amministratore Unico
Prometheo
mailto:mdibello@prometheo.it
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Appendice A: Brano tratto dal libro "La società aperta" di George Soros
Editore: Ponte alle Grazie. Traduzione di Massenzio Taborelli
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In questo libro sostengo che le democrazie del mondo dovrebbero formare una alleanza con il duplice scopo di: 1) favorire lo sviluppo di
società aperte all'interno dei singoli paesi; 2) potenziare il diritto internazionale e le istituzioni necessarie a una
società aperta globale.
Viviamo in una economia globale, contrassegnata dal libero commercio di beni e servizi e dall'ancor
più libero movimento dei capitali. Ne deriva che i tassi di interesse, quelli di cambio e i prezzi delle azioni di paesi diversi sono strettamente collegati, e i mercati finanziari globali esercitano una influenza enorme sulle condizioni economiche in ogni angolo del mondo. Il capitale finanziario gode di una posizione privilegiata. Il capitale
è più mobile degli altri fattori produttivi, e il capitale finanziario
è anche più mobile delle altre forme di capitale. La globalizzazione dei mercati finanziari ha ridotto le
capacità dei singoli stati di tassare e di imporre regole al capitale,
poiché esso può spostarsi altrove. Dato il ruolo decisivo che il capitale finanziario internazionale gioca nei destini dei singoli paesi, non
è fuori luogo parlare di un sistema capitalistico globale.
Si può parlare del trionfo capitalistico nel mondo, ma non del trionfo democratico.
C'è una significativa discrepanza tra le condizioni politiche e quelle economiche che oggi prevalgono nel mondo. Abbiamo un'economia globale, ma gli ordinamenti politici sono ancora saldamente fondati sulla
sovranità statale. Come si possono conciliare le istanze di una
società globale con la sovranità degli stati? E' questo il problema cruciale che oggi ci troviamo dinanzi.
Il capitalismo e la democrazia non vanno necessariamente di pari passo. Qualche relazione fra i due esiste: un tenore di vita in crescita e la formazione di una classe media tendono a suscitare l'esigenza di
libertà e democrazia, e anche a sostenere una maggiore
stabilità politica. Ma il collegamento è tutt'altro che automatico. I regimi repressivi non allentano spontaneamente la loro presa sul potere, e spesso godono della
complicità e del sostegno di interessi economici, sia interni che esteri. Lo constatiamo in molti paesi, specialmente laddove sono in gioco risorse naturali come il petrolio o i diamanti. Forse la massima minaccia alla
libertà e alla democrazia nel mondo proviene oggigiorno dalla costituzione di sodalizi scellerati fra governi e mondo degli affari.
Questo fenomeno non è inedito: un tempo lo si chiamava fascismo. In passato ha contraddistinto l'Italia di Mussolini e, in gradi diversi, la Germania di Hitler, la Spagna di Franco e il Portogallo di Salazar. Oggi assume forme diverse, ma lo si riscontra nel
Perù di Fujimori, nello Zimbabwe di Mugabe, nella Birmania dell'SPDC e nella Malaysia di Mahathir, per citare solo alcuni casi.
Ciò che più sorprende è che il collasso del comunismo ha portato fra l'altro a un patto scellerato fra grandi affari e governo in molti paesi, compresa la Russia. I tratti esteriori delle procedure democratiche vengono mantenuti, ma i poteri dello stato sono deviati a beneficio di interessi privati. I paesi democratici non prestano grande attenzione alla situazione politica interna degli altri paesi; di solito le loro
priorità sono altre. Ma la gente che vive in regimi repressivi ha bisogno di appoggio dall'esterno; spesso
è la sua unica ancora di salvezza.
Il capitalismo riesce molto bene a creare ricchezza, ma non possiamo affidarci al capitalismo per garantire la
libertà, la democrazia e lo stato di diritto. Il movente degli affari
è il profitto; essi non sono progettati per tutelare principi universali. La maggioranza degli uomini d'affari sono cittadini onesti, ma
ciò non cambia la realtà: gli affari sono condotti per il lucro privato, e non per il bene pubblico. La basilare
responsabilità degli amministratori è verso i proprietari della ditta, non verso una qualche
entità nebulosa chiamata "interesse pubblico", nonostante le imprese spesso si sforzino (o fingano di sforzarsi) di agire secondo una vocazione pubblica,
perché questo conviene ai loro affari. Se principi universali quali
libertà, democrazia e stato di diritto ci interessano, non possiamo lasciarli alle cure delle forze di mercato; dobbiamo costruire qualche altra istituzione per preservarli.
Tutto ciò è quasi troppo ovvio, ma bisogna comunque ribadirlo,
perché si è ampiamente diffuso un credo secondo cui i mercati risponderanno a tutte le nostre esigenze. Nel diciannovesimo secolo lo si chiamava laissez faire, ma io gli ho trovato un nome migliore: fondamentalismo del mercato. Il fondamentalismo del mercato ritiene che l'interesse pubblico sia servito al meglio quando a tutti
è permesso perseguire il proprio interesse individuale. Questa idea
è seducente, ma è vera solo a metà. I mercati sono adattissimi al perseguimento degli interessi privati, ma non sono progettati per prendersi cura dell'interesse comune. La preservazione stessa dei meccanismo di mercato
è un interesse comune. Chi opera sul mercato compete per vincere, non per salvaguardare la concorrenza; se potesse, la eliminerebbe.
La tutela dell'interesse comune era, secondo consuetudine, compito dello stato-nazione. Ma i poteri dello stato si sono ridotti in corrispondenza dell'espansione dei mercati globali di capitale. Quando il capitale
è libero di circolare, non può essere tassato e regolamentato senza correre il rischio che si diriga altrove.
Poiché il capitale è indispensabile alla creazione di ricchezza, i governi devono provvedere alle sue richieste, spesso a detrimento di altre istanze. Il danno provocato da una fuga di capitali
può superare i potenziali vantaggi della tassazione e della regolamentazione a cui quella fuga
è dovuta. Questo punto è stato recentemente illustrato dal plateale rovescio in cui
è occorso il ministro delle finanze tedesco Oscar Lafontaine, quando ha tentato di accrescere il carico tributario gravante sulle imprese.
Per certi versi questo sviluppo è benvenuto. L'impresa privata funziona meglio dello stato nel generare ricchezza, e la libera concorrenza su scala globale ha impresso un'accelerazione alla
produttività. Per di più gli stati spesso abusano del loro potere; la globalizzazione offre un livello di
libertà individuale che nessuno stato potrebbe fornire.
Ma c'è l'altro lato della medaglia. La capacità dello stato di espletare le funzioni corrispondenti alle aspettative dei suoi cittadini
è pregiudicata. Questo non sarebbe un motivo di preoccupazione, se si potesse contare sui mercati per rispondere ai bisogni, ma evidentemente non
è così. Alcuni dei nostri bisogni collettivi sono quasi troppo ovvi
perché si menzioni: pace e sicurezza, legge e ordine, diritti umani, protezione dell'ambiente, e alcuni elementi di giustizia sociale. I valori di mercato esprimono solo
ciò che ogni partecipante è disposto a pagare un altro in un libero scambio, e non danno espressione agli interessi comuni di tutti i partecipanti. Ne deriva che i valori sociali possono essere serviti solo da accordi politici e sociali, per quanto questi siano meno efficienti dei mercati.
Persino nel servire gli interessi individuali, il meccanismo di mercato presenta certi limiti e certe imperfezioni che i fondamentalisti del mercato ignorano. Per dirne una, i mercati finanziari sono intrinsecamente instabili. La teoria della concorrenza perfetta assume le curve di offerta e domanda come date indipendentemente. L'equilibrio deve trovarsi all'incrocio delle due. Ma i presupposti su cui
è costruito il concetto di equilibrio si incontrano di rado nel mondo reale. Nell'ambito finanziario, poi, essi sono irraggiungibili. I mercati finanziari giocano sull'anticipazione di un futuro condizionato dalle aspettative che abbiamo su di esso nel presente. Data la comprensione imperfetta dei soggetti partecipanti, l'esito
è intrinsecamente indeterminato. Così, contrariamente all'idea di un meccanismo autoequilibrantesi, la
stabilità dei mercati finanziari ha bisogno di scelte politiche che la tutelino.
Purtroppo anche la politica è imperfetta, quindi la storia dei mercati finanziari
è costellata di crisi periodiche. Ciononostante le nazioni industriali avanzate, per tentativi ed errori, hanno sviluppato le banche centrali e le complesse strutture di regolazione che sono riuscite a contenere l'instabilità entro limiti tollerabili. L'ultimo imponente crollo finanziario nei paesi industriali avanzati avvenne negli anni Trenta. I paesi che stanno alla periferia del sistema capitalistico globale sono in condizioni meno felici: la crisi del 1997-1999 ha provocato in alcuni mercati emergenti un disastro paragonabile a quello cagionato dalla Grande Depressione degli anni Trenta negli Stati Uniti.
Il sistema finanziario internazionale non può più essere regolato su base nazionale. A Bretton Woods nel 1945, verso la fine della Seconda guerra mondiale, fu costituito un insieme di istituzioni internazionali, che
però erano pensate per un mondo senza libero movimento dei capitali. Quelle istituzioni hanno valorosamente tentato di adattarsi alle condizioni mutevoli, ma non sono state in grado di tenere il passo della rapida crescita dei mercati finanziari internazionali. In occasione della crisi del 1997-1999, tali istituzioni non sono riuscite a contrastarne la propagazione. Fortunatamente i paesi al centro del sistema capitalistico globale non sono stati contagiati (anzi, hanno addirittura tratto vantaggi dall'immiserimento della periferia), e l'economia mondiale si
è ripresa prima di quanto ci si potesse aspettare all'apice della crisi. Questa ammirevole
capacità di recupero ha corroborato la fede nella facoltà autocorrettiva dei mercati finanziari e, invece di potenziare il Fondo Monetario Internazionale (FMI), si
è permesso che il suo potere e la sua influenza declinassero.
Ciò renderà l'economia mondiale più vulnerabile nella prossima crisi, se e quando
verrà. Credere che non si verificherà più nessuna crisi significa sfidare la storia.
Le fragilità dell'architettura finanziaria internazionale sono comunque minori di quelle dell'architettura politica internazionale. La tragedia della Seconda guerra mondiale
portò alla costituzione delle Nazioni Unite (ONU), destinate a preservare la pace e la sicurezza mondiali. Purtroppo il progetto che ne
risultò fu impari al nobile obiettivo. Le Nazioni Unite erano appena nate, quando il mondo si divise in due campi contrapposti, uno guidato dagli Stati Uniti, l'altro dall'Unione Sovietica. Le due parti erano avvinte in un duello mortale, sia militare che ideologico; eppure ognuna comprese che doveva rispettare gli interessi vitali dell'altra,
poiché entrambe avevano la facoltà di distruggere l'antagonista con le armi nucleari.
Ciò fece sì che la guerra fredda diventasse uno strumento di
stabilità, basato sulla truce ma potente idea della certa distruzione reciproca.
L'equilibrio fra Est e Ovest, fondato sulla certa distruzione reciproca,
è giunto al termine con l'implosione dell'Impero sovietico.
C'è stato un momento storico in cui le Nazioni Unite avrebbero potuto cominciare ad agire secondo il progetto originario, ma quella
opportunità è andata perduta quando le democrazie occidentali non sono riuscite ad accordarsi sul modo di fronteggiare la crisi bosniaca. Il sistema
è diventato instabile.
L'esperienza di due guerre mondiali ha mostrato che un sistema fondato sulla
sovranità degli stati non garantisce pace né stabilità. Siccome gli stati sovrani abusano di frequente dei propri poteri, un declino di tali poteri dovrebbe essere il benvenuto: fin qui l'attuale sentimento pro-mercato e antistatalista
è pienamente giustificato. Ma l'indebolimento dello stato sovrano dovrebbe accompagnarsi al rafforzamento delle istituzioni internazionali. E su questo che il fondamentalismo del mercato, che si contrappone tanto all'autorità internazionale quanto a quella statale, risulta di intralcio.
Certo, il fondamentalismo del mercato non è l'unico responsabile; la tenace fede nella
sovranità nazionale lo è altrettanto. Gli Stati Uniti sono avvinti alla loro
sovranità anche più saldamente della maggior parte degli altri stati. Come unica superpotenza militare rimasta, e come massima potenza economica, essi sono disposti a entrare in consessi che, come l'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization), aprono i mercati non senza garantire una certa protezione degli interessi costituiti; ma rifiutano strenuamente qualunque violazione della propria
sovranità in altri ambiti. Gli USA vogliono interferire negli affari interni degli altri paesi ma non sono disposti a sottostare alle regole che cercano di imporre agli altri.
Mentre gli Stati Uniti si sentono i paladini di elevati principi, gli altri vedono soltanto l'arroganza del potere. So di fare un'affermazione "scomoda", ma credo che l'attuale atteggiamento "unilateralista" degli Stati Uniti rappresenti una seria minaccia per la pace e il benessere del mondo. Eppure gli Stati Uniti potrebbero diventare facilmente una possente forza al servizio del bene, semplicemente passando da un approccio unilaterale a uno multilaterale. Il mondo ha bisogno di alcune regole e criteri di comportamento. Se gli Stati Uniti fossero disponibili a rispettare le regole, potrebbero essere fra i primi a stabilirle.
Purtroppo l'ostilità degli Stati Uniti verso l'approccio multilaterale non
è priva di ragioni. Le istituzioni internazionali funzionano per lo
più male. Ciò accade perché esse non sono altro che associazioni di stati; e gli stati, come disse il cardinale Richelieu, non hanno principi, ma solo interessi. Lo si vede benissimo dal loro comportamento all'interno degli organismi internazionali. Quali che siano le magagne di una burocrazia statale, in una burocrazia internazionale esse si moltiplicano. Le istituzioni internazionali come le Nazioni Unite sono inadatte a salvaguardare principi universali. Lo si
può constatare dai risultati ottenuti dall'ONU nella tutela dei diritti umani.
Io credo che le istituzioni internazionali possano funzionare meglio solo col sostegno della
società civile. Può darsi che gli stati non abbiano principi, ma gli stati democratici sono sensibili ai desideri dei loro cittadini. Se i cittadini credono in certi principi, possono imporli ai loro governi. Ecco
perché propugno un'alleanza di stati democratici: sarebbe il coinvolgimento attivo della
società civile a garantire che i governi restino fedeli ai principi dell'alleanza. Qui risiedono le maggiori
difficoltà. Come hanno mostrato le recenti manifestazioni a Seattle e a Washington, la
società civile può essere mobilitata in opposizione alle istituzioni internazionali; occorre trovare la maniera per mobilitarla in loro favore.
L'alleanza avrebbe due obiettivi: primo, rafforzare il diritto e le istituzioni internazionali; secondo, potenziare la democrazia all'interno dei singoli paesi. I due obiettivi sono ovviamente congiunti: la promozione della democrazia deve essere portata avanti da istituzioni internazionali. Nessun singolo stato
può essere incaricato della tutela di principi universali: in ogni occasione in cui si verificasse un conflitto fra principi universali e interesse egoistico, probabilmente quest'ultimo prevarrebbe. I padri fondatori compresero bene questo punto quando concepirono la costituzione degli Stati Uniti.
Ma è nell'interesse di tutte le democrazie favorire lo sviluppo di regimi democratici nel mondo. Nell'odierna
società globale interdipendente la maggioranza dei conflitti non avviene fra stati,
bensì all'interno degli stati. Le democrazie non possono sopportare la violazione su larga scala dei diritti umani, e rischiano comunque di essere prima o poi trascinate in tali conflitti,
com'è successo in Jugoslavia. Anche se rifiutano di farsi coinvolgere, devono far fronte all'afflusso di profughi e ad altre conseguenze negative.
C'è qualcosa di contraddittorio nell'imporre la democrazia dal di fuori. La contraddizione
può essere evitata solo se l'intervento apporta benefici, e pertanto viene accettato volontariamente. Nella massima misura possibile, l'intervento dovrebbe consistere in incentivi e in un impegno costruttivo.
Una volta che è divampato, è molto difficile occuparsi di un conflitto. Le
attività di prevenzione della crisi non possono iniziare abbastanza presto. Ma nelle prime fasi
è difficile identificare quali fattori porteranno a una crisi. Ecco
perché il modo migliore per prevenire le crisi è incoraggiare lo sviluppo di
società aperte, ed è proprio questo che la mia rete di Fondazioni per la
Società Aperta ha cercato di fare. Dando vita a delle società aperte, le
probabilità che esplodano crisi tali da richiedere un intervento esterno possono essere molto diminuite. E qualora un intervento di tipo repressivo diventasse inevitabile, sarebbe
più semplice giustificarlo sulla scorta di un pregresso impegno costruttivo.
Oggi ci affidiamo troppo massicciamente alle misure punitive. L'unica alleanza di stati democratici efficace
è un'alleanza militare, la NATO. Dobbiamo integrare la NATO con un'alleanza politica.
Poiché lo sviluppo di società aperte è intimamente congiunto con il benessere economico, l'alleanza deve mirare a effettuare azioni affermative.
Queste riflessioni sono di particolare rilievo oggi, dopo l'intervento della NATO nel Kosovo. Io penso che l'intervento fosse necessario, ma bisogna comprovarne l'intento assicurando un futuro migliore a quella regione, il che
è possibile solo se l'Unione Europea saprà avvicinare l'una all'altra le nazioni di quell'area, avvicinandole tutte insieme all'Europa. Quest'idea ora
è ampiamente accettata, e le si è data espressione nel Patto di
stabilità per l'Europa Sudorientale. Renderlo operante dev'essere una
priorità assoluta per l'Unione Europea. Certamente è una
priorità assoluta per me.
Andando dal particolare al generale, auspico un impegno concertato da parte delle democrazie evolute per favorire lo sviluppo della democrazia nelle regioni meno avanzate del mondo. Esso dovrebbe concretizzarsi in collaborazioni tecniche e in incentivi economici. Amartya Sen argomenta persuasivamente la tesi che lo sviluppo andrebbe definito in termini di
libertà, e non di prodotto interno lordo.
Fra i membri dell'alleanza figurerebbero gli Stati Uniti, l'Unione Europea e una massa critica di paesi democratici posti alla periferia del sistema capitalistico, senza i quali l'alleanza potrebbe trasformarsi in un mezzo di dominio e di sfruttamento. Il componente
più problematico sembrerebbe quello statunitense, perché a tutt'oggi gli USA sono renitenti ad assoggettarsi alle regole che cercano di imporre agli altri. Gli Stati Uniti non hanno nulla da temere dal tipo di alleanza che ho in mente,
perché essa non potrebbe funzionare senza la loro partecipazione; tuttavia, tale alleanza richiederebbe un riorientamento radicale della politica statunitense, dall'"unilateralismo" al "multilateralismo".
Sono consapevole che la mia proposta cozza contro i pregiudizi del fondamentalismo di mercato. L'aiuto estero
è stato un fiasco terribile in Africa e, più di recente, in Unione Sovietica e negli stati che ne hanno ereditato il territorio, e minaccia di fallire anche col Patto di
stabilità. Il suo empirico malfunzionamento non implica che dovremmo accantonare l'idea. Piuttosto dobbiamo analizzare le cause del nostro fallimento ed escogitare metodi migliori. L'aiuto estero,
così come viene gestito oggi, è troppo spesso rivolto a soddisfare i bisogni dei donatori, non quelli dei destinatari. Posso
però affermare, sulla base delle mie esperienze in paesi come la Russia, che l'assistenza dall'esterno
può essere efficace.
Il sistema capitalistico globale ha prodotto uno scenario segnato da grandi disuguaglianze. Il divario fra ricchi e poveri si sta allargando, e questo
è pericoloso, perché un sistema che non offre qualche speranza e qualche beneficio ai perdenti rischia di essere spezzato da atti di disperazione. Al contrario, se offriamo incentivi economici a paesi desiderosi di trarne profitto, creiamo un potente strumento per prevenire le crisi. Gli incentivi favoriscono lo sviluppo economico e politico; il fatto che essi possano venire ritirati ci consente di punire i governi renitenti.
(...)
Un'alleanza composta da democrazie potrebbe assumere varie configurazioni. Potrebbe provare a riformare le istituzioni esistenti, come la Banca Mondiale o persino l'ONU; oppure potrebbe agire in modo
più informale, rivolgendosi verso specifiche zone o paesi problematici. Nel procedere alla riforma dell'ONU, tale alleanza avrebbe
probabilità di successo superiori a quelle di qualsiasi tentativo precedente, proprio
perché sarebbe in grado di agire o all'interno dell'ONU o al di fuori, qualora gli altri stati membri dovessero rifiutarsi di procedere nel senso indicato. Ma l'alleanza riuscirebbe solo a condizione che i suoi membri fossero capaci di andare d'accordo fra loro, ossia di fissare le regole fondamentali per una
società aperta globale.
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